Chi mi conosce, sa.
Chi non mi conosce, giudica.
Chi pensa di sapere tutto di me, s’illude.
Per vedere ciò che pochi hanno visto, dovete andare dove pochi sono andati.
(Buddha)
Possiamo dire di conoscere tante persone, di avere tantissimi conoscenti, ma le persone che davvero conosciamo e ci conoscono sono molte di meno di quante ne frequentiamo.
Soprattutto oggi, in era di social, possiamo vantare di avere centinaia, migliaia di “amici” o “followers”, ma la maggior parte di queste persone non sanno e forse non sapranno mai chi siamo davvero.
Spesso ci inganniamo nel pensare di conoscere l’altro soltanto perchè lo vediamo, lo frequentiamo spesso o magari ci “messaggiamo” anche ogni giorno, senza renderci conto che in realtà non lo conosciamo affatto, nè l’altro conosce alcunché di noi.
La conoscenza richiede la costruzione di un’intimità non scontata che non è immediata e non arriva in modo tempestivo; questo perché la conoscenza è un processo lungo ed impegnativo attraverso il quale le proprie energie vengono canalizzate nell’avvicinarsi sempre di più all’altro con tatto, sensibilità e rispetto dei suoi tempi e confini, fino ad arrivare al suo nucleo più profondo per accoglierlo, comprenderlo, amarlo.
Senza investire questo tempo lungo ed impegnativo a raccontarsi, aprirsi dandosi reciprocamente, non esiste conoscenza e le relazioni, di qualsiasi natura esse siano, non possono andare in profondità, rimanendo così superficiali.
E nella superficialità delle relazioni non c’è accoglimento, né comprensione di chi siamo o di chi è l’altro davvero, ma solo mero ed implacabile giudizio.
Perché chi non conosce può solo fare ipotesi, emettere giudizi (o peggio sentenze) approvando o disapprovando, senza il rispetto dell’altro perchè ignaro di chi c’è davvero dall’altra parte.
Chi invece impegna il suo tempo ad andare in profondità per conoscere ed essere conosciuto accoglie, comprende e rispetta…
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