Quando si soffre di ansia o di attacchi di panico, solitamente, si mettono in atto istintivamente dei comportamenti che, sul momento, hanno il vantaggio di ridurre il sintomo. Ad esempio, si cominciano ad evitare le situazioni considerate minacciose oppure si scappa in presenza di...
Ansia e Attacchi di panico
Negli ultimi tempi assistiamo a un aumento dei disturbi basati sull’ansia patologica e sulle reazioni di panico. Queste emozioni sono legate frequentemente alla paura di sentirsi male perdendo il controllo di se stessi. Esiste una forma di ansia che possiamo definire normale, una risposta fisiologica primitiva, positiva ed adattiva che serve per preparare il nostro corpo a reagire di fronte a situazioni particolarmente stressanti o percepite come pericolose. L’Ansia patologica è, invece, una reazione di ansia sproporzionata rispetto all’evento (può apparire anche in assenza di un reale e possibile pericolo), negativa e disfunzionale, che, prolungandosi nel tempo, diventa progressivamente meno gestibile per l’individuo. A livelli intensi, l’ansia può causare notevole disagio manifestandosi con tensione e continuo stato di allarme, sensazione di svenimento, difficoltà respiratorie e disturbi intestinali, minore capacità di concentrazione e apatia, disturbi del sonno, capogiri e vertigini, sudorazione abbondante, cefalea e aumento della frequenza cardiaca. L’Attacco di panico, rispetto all’ansia, è un fenomeno di breve durata, ma molto più violento (solitamente dura qualche minuto, ma gli effetti possono protrarsi per più giorni) che comporta vissuti drammatici e catastrofici, tanto da far temere alla persona che lo subisce la morte, un attacco di cuore, la paura di impazzire. Qualsiasi sia l’evento catastrofico temuto è risaputo che l’esperienza della crisi di panico lascia la persona profondamente spaventata, angosciata, terrorizzata e, soprattutto, in preda all’ansia e alla paura che l’attacco posso ripresentarsi; chi sperimenta un episodio di panico spesso vive un senso di impotenza e di depressione.
L’intervento psicologico, in entrambi i casi, è volto alla risoluzione del disturbo, indagando sulle modalità con cui il sintomo è stato costruito e sulla funzionalità che il sintomo ha nella storia della persona e lavorando sugli aspetti personali e relazionali che rinforzano il disturbo.