Spesso nelle relazioni si assiste ad una lotta di potere in cui le persone “guerrigliano” cercando di far valere le proprie ragioni a scapito di quelle dell’altro.
“Ho ragione io!” dice uno… “No, tu hai torto, sono io che ho ragione!” gli fa eco l’altro.
“E’ inutile, tanto tu non mi capisci”… “Non è vero! Io ti capisco eccome, sei tu a non capire me!”
Una lotta di questo tipo può andar avanti a suon di botta e risposta per molto tempo… per ore… per giorni… a volte anche per anni, senza mai arrivare ad una conclusione.
Ma perché a volte, pur parlando la stessa lingua sembra tanto difficile riuscire a capirsi? Ma poi basta davvero parlare la stessa lingua per riuscire a comunicare in modo efficace? E cosa succede in una relazione quando la comunicazione è fallace e compromessa?
In una relazione si può anche parlare la stessa lingua ed intendersi perfettamente a livello linguistico, ma questo non è sufficiente per arrivare ad una profonda comprensione di sè e dell’altro: è necessario, invece, entrare in profondo contatto con l’altro attraverso ciò che trasmetto all’altro e ciò che l’altro trasmette a me, costruendo così un NOI.
Comunicare per costruire il NOI
Per costruire una relazione autentica e profonda è necessario riuscire a comunicare, ma il senso del comunicare non si limita all’informare, al parlare con l’altro del più e del meno.
Informare e Comunicare hanno significati estremamente diversi: l’Informazione è una mera trasmissione di dati, la Comunicazione, invece, è un processo di scambio di informazioni e di influenzamento reciproco ed è, quindi, imprescindibile dalla relazione. La comunicazione ha sia un aspetto di contenuto (cosa scelgo di utilizzare per esprimermi?) sia un aspetto di relazione (in che modo scelgo di esprimermi in relazione al mio interlocutore ed in che modo la relazione che ho con il mio interlocutore influenza la mia scelta di esprimermi?).
Comunicare con l’altro significa “mettere in comune” con l’altro: quando comunico, ciò che è parte di me diventa in qualche modo anche parte dell’altro e ciò che è dell’altro diventa allo stesso modo anche parte di me.
Questo significa che quando noi comunichiamo abbiamo una doppia grande responsabilità: da una parte donarci all’altro, facendo uscire ciò che siamo ed abbiamo dentro fino a farlo arrivare all’altro in maniera chiara e comprensibile e dall’altra parte far entrare in noi, accogliere con estrema cura e attenzione ciò che l’altro ci sta donando di sé.
Se vogliamo comunicare con l’altro dobbiamo poter riuscire ad esprimere liberamente i nostri pensieri, idee e soprattutto emozioni e l’altro deve poter fare altrettanto con noi; di qualsiasi argomento in una coppia si possa parlare, se non ci si sente liberi di esprimere se stessi o se ci si muove con il timore di farsi conoscere o di conoscere altro da sé, difficilmente si arriverà a comprendere e ad essere compresi e altrettanto difficilmente si potrà costruire un senso del NOI stabile, forte e coeso.
Comunicare in modo efficace presuppone la voglia di conoscere e farsi conoscere in profondità, senza remore, filtri o barriere; quando in una relazione ci muoviamo con la paura di essere annientati dall’altro, la comunicazione smette di svolgere la sua funzione di costruzione, condivisione e di messa in comune, diventando via via sempre più sterile e distruttiva fino a morire.
Non esiste al mondo una copia di noi stessi e quindi, inevitabilmente, quando ci relazioniamo con l’altro entriamo in contatto con la diversità; per quanto in una coppia ci possa essere un’affinità in termini di vedute, di idee e di sentimenti tra i partners, arriverà sempre il momento in cui si incontrerà la diversità dell’altro, arriverà sempre il momento in cui si entrerà in conflitto.
La comunicazione nel conflitto di coppia: litigio o discussione?
Essere in conflitto porta inevitabilmente a fare una scelta: come scelgo di affrontare il conflitto?
Cosa attivo? Uno scontro od un confronto? Litigo con il mio partner o discuto con il mio partner?
Quest’ultima domanda è fondamentale perchè anche se litigare e discutere spesso sono usati come sinonimi, in realtà hanno un significato tutt’altro che uguale.
Nel litigio non esiste un mettere in comune, ma solo una ricerca della propria ragione, una ricerca di conferme del proprio potere a discapito dell’altro. Quando si litiga non siamo focalizzati sul conoscere e farsi conoscere, ma siamo più concentrati a dare forza e potere alla nostra visione rispetto a quella altrui, ad avere una ragione, a far sì che l’altro si convinca che ciò che diciamo sia vero e inconfutabile. Nel litigio o si vince o si perde, non c’è altra soluzione: il litigio, quindi, non è una forma di comunicazione autentica ed efficace, contrariamente a quanto possiamo pensare.
Nel momento in cui la vera comunicazione cessa di esistere, i litigi diventano per la coppia l’unica forma di contatto, scontri che non hanno nulla di comunicativo, ma che servono soltanto a rimarcare il proprio potere ed in cui “l’aver ragione sull’altro” diventa prioritario rispetto ad ogni altra cosa.
Quando lavoro con le coppie, spesso mi trovo ad affrontare il tema della diversità e di quanto sia difficile accogliere la realtà dell’altro nella propria; per riuscire a farlo serve passare da una visione assolutista ad una relativista.
Non esiste un’unica realtà assoluta, non esiste una sola versione di quella che chiamiamo verità, ma ne esistono tante quante sono le persone che popolano questa terra. Io costruisco una mia realtà sulla base di ciò che vivo intimamente e quella realtà sarà solo mia e non dell’altro; l’altro costruisce una sua realtà sulla base di ciò che vive intimamente e quella realtà sarà solo sua, non mia e di nessun altro.
Quando due persone con due realtà diverse entrano in relazione, è necessario che possano conoscere le rispettive realtà, non partendo dal presupposto che, se abbiamo delle cose in comune, allora necessariamente la pensiamo allo stesso modo o proviamo le stesse emozioni.
Se nella relazione ci si muove con la curiosità di conoscere altro da sé e senza la presunzione di avere una verità in tasca, allora il conflitto diventa opportunità di confronto; la coppia sarà, allora, in grado di discutere (e non litigare), di attivare una vera comunicazione dove entrambi i partners si sentiranno liberi di esprimere le proprie idee, il proprio vissuto e le proprie emozioni, accogliendo nel contempo e con altrettanta apertura tutto ciò che l’altro a sua volta esprimerà, senza sentirsi minacciati, ma con il solo obiettivo di confrontarsi e di costruire qualcosa di nuovo ed utile ad entrambi (e alla coppia stessa) proprio a partire dalla discussione attivata e dal confronto che ne è nato.
Costruire una comunicazione autentica ed efficace è tutt’altro che scontato e necessita di un’apertura all’altro ed un’accoglienza dell’altro totale: un dare e darsi fiducia reciprocamente nonostante le proprie umane e normali paure.
Le trappole nella comunicazione di coppia
Quando ci si muove con paura verso l’altro o con estrema rigidità, convinti che il proprio vissuto, la propria realtà sia l’unica possibile, è difficile cambiare prospettiva. Tanto più sarà difficile comprendere che ciò che io vivo e sento appartiene a me e che non necessariamente l’altro può vivere e sentire nel mio stesso modo, tanto più sarà facile cadere nell’incomprensione e nelle trappole comunicative.
Questo, per esempio, succede quando ci incastriamo a leggere i comportamenti dell’altro dandogli il significato che attribuiremo ai nostri stessi comportamenti se ci trovassimo nella stessa situazione, dandogli un senso secondo il nostro vissuto. E allora, per esempio, ci capiterà di dire: “Io al posto tuo mi sarei comportato così e tu avresti dovuto fare altrettanto” oppure “Se mi avessi voluto davvero bene avresti fatto così perché è così che si fa quando si ama”.
A volte, addirittura, ci convinciamo di saper leggere la mente dell’altro con la presunzione di conoscere meglio di chiunque altro (anche di se stesso) quali siano i sentimenti o ciò che prova fino ad arrivare ad attribuirgli etichette severe e giudicanti senza aver mai provato ad attivare un dialogo ed un confronto. E allora, per esempio, ci capiterà di dire: “Ti sei comportato così perché ti sei stancato di me… perchè non ti interessa niente di me…. perché non mi ami più… perché non mi hai mai amato” oppure “Ti sei comportato così perché TU SEI superficiale… pigro.. bugiardo… ecc.”
Puntualizzare, recriminare, giudicare, rimproverare, moralizzare, predicare: sono tutte modalità che remano contro ogni possibilità di comunicare efficacemente con l’altro.
Quando ci muoviamo in questo modo dobbiamo poter fare un passo indietro, fermarci, comprendendo che non stiamo comunicando, ma stiamo distruggendo ogni possibilità di confronto e comprensione, che stiamo cadendo nella trappola delle distorsioni comunicative, vere e proprie barriere della comunicazione, trappole che ci fanno credere di star comunicando con l’altro, senza capire che ciò che stiamo costruendo è una pseudo comunicazione destinata a rinforzare il conflitto nella coppia (e non a risolverlo), accrescendo sempre di più il senso di incomprensione in entrambi i partners.
Come comunicare efficacemente con il partner: il “Messaggio-IO” e l’Ascolto Attivo
E’ importante capire che quando in una conversazione non ci focalizziamo ad esprimere un nostro sentire in una data situazione o a seguito di un comportamento dell’altro, ma puntiamo tutto sull’analisi comportamentale dell’altro con la presunzione di sapere tutto dell’altro senza lasciargli esprimere il suo sentire, noi non stiamo comunicando, ma stiamo giudicando l’altro dall’alto di un piedistallo, fomentando il conflitto ed aumentando, così, la distanza con il nostro partner.
Se vogliamo attivare una comunicazione efficace con l’altro dobbiamo essere disposti a fare un cambiamento di rotta, spostare l’attenzione dall’analisi del comportamento altrui all’espressione chiara e trasparente del nostro personale vissuto per poter mettere l’altro al corrente di come ci sentiamo, comunicandogli le nostre emozioni ed i nostri sentimenti riguardo a ciò che stiamo vivendo nella relazione con lui: è necessario passare dal “Tu sei… Tu pensi.. Tu dici… Tu fai… Tu dovresti… Tu non avresti dovuto” al “Io mi sento… Io sono… Io penso… Io vorrei… Io desidero… Io ho bisogno di”, passare dal “Messaggio-Tu” (che giudica e sentenzia su ciò che l’altro fa o non fa, su ciò che l’altro, secondo noi, è o non è) al “Messaggio-IO” (che esprime ciò che io sento, chi sono e ciò di cui ho bisogno).
La finalità della comunicazione non è convincere l’altro ad essere o a fare ciò che vogliamo e desideriamo, non è cambiare l’altro diverso da sé per farlo diventare una copia di noi stessi, ma conoscersi e comprendersi reciprocamente, per capire insieme se e come possiamo stare con l’altro costruendo una relazione in cui poter crescere insieme nel pieno rispetto delle proprie individualità ed in piena armonia e sintonia con i normali mutamenti della vita stessa.
Questo vuol dire che è necessario non solo esprimere ciò che si sente, ma essere pronti ad accogliere con totale apertura ciò che anche l’altro esprime di sé, mettendoci in una posizione di vero ascolto: un ascolto attivo ed empatico.
Ascoltare l’altro non è così semplice… Quando l’altro racconta di sé, di ciò che prova e sente, dobbiamo essere capaci di stare su due livelli contemporaneamente: quello che l’altro dice e ciò che quel dire suscita in noi.
Ciò che l’altro racconta di sé appartiene all’altro; ciò che l’altro con il suo dire suscita in noi può appartenere sia al vissuto dell’altro (con il quale in quel momento noi empatizziamo) sia al nostro vissuto e ad alcuni aspetti di noi stessi che vengono agganciati da ciò che l’altro esprime.
Quando ascoltiamo l’altro, dobbiamo poter scindere i due livelli per non cadere in deduzioni ed interpretazioni che hanno a che fare più con noi e con le nostre reazioni emotive, con le nostre paure ed i nostri nodi personali che non sull’ascolto empatico teso alla mera e profonda conoscenza del vissuto dell’altro.
L’ascolto attivo necessita di una totale focalizzazione sul vissuto dell’altro, su un’apertura tale da farci empatizzare con ciò che prova, con ciò che egli sente e pensa, con il suo mondo ed il suo modo di essere, in totale assenza di pregiudizio, ma con il solo obiettivo di conoscere l’altro in modo autentico e profondo.
Non si comunica per cambiare l’altro, per convincerlo che sia sbagliato ciò che è o che fa e che noi siamo quelli giusti e che abbiamo ragione.
Si comunica per conoscersi ed arrivare a comprendersi nel profondo per scegliersi autenticamente o non scegliersi affatto.
La comunicazione nutre la coppia permettendole di crescere ed evolvere
Quando lavoro con le coppie ci tengo sempre a sottolineare l’importanza della comunicazione per tenere in vita la coppia; una coppia che non comunica e che si limita a scambiarsi mere informazioni di servizio è una coppia che ha smesso di vivere come tale, è una coppia che ha perso la sua linfa vitale.
Una coppia deve potersi sentire libera di comunicare sempre e su ogni cosa; non c’è nulla su cui sia impossibile comunicare.
E’ necessario comunicare le emozioni e i vissuti positivi, così come i vissuti negativi, di disagio e malessere, non accusando o trasformandoli in giudizi e interpretazioni, ma attivando un confronto da cui possa nascere un nuovo punto di vista, un’opportunità di crescita e maturazione, un cambiamento in direzione del benessere della coppia stessa.
Non esistono segreti per stare bene insieme e per costruire un NOI stabile, forte e coeso…
Serve apertura, flessibilità, contatto emotivo profondo, desiderio di conoscere e farsi conoscere, fatica, impegno, sudore ed un buon lavoro a quattro mani… ed una buona, efficace, costante e quotidiana comunicazione come strumento prediletto di costruzione.
Una coppia che comunica quotidianamente in modo autentico e profondo, senza filtri, senza pregiudizi/preconcetti e barriere difensive è una coppia capace di costruirsi nel tempo, confrontandosi, evolvendo e crescendo insieme, in completa e totale sintonia con i mutamenti dei bisogni dei propri partners e della coppia stessa.
No Comments