In un precedente articolo di questo blog (Autostima e Valore di sé: come uscire dal labirinto delle aspettative altrui) abbiamo visto come alla mancanza di autostima si leghi spesso il bisogno spasmodico di compiacere gli altri per sentirsi accettati e voluti, producendo in noi numerosi sensi di colpa nel momento in cui sentiamo di deludere le aspettative altrui. Abbiamo visto come tutto ciò si traduce nella impossibilità di pensare a se stessi e ai propri bisogni senza sentirsi sbagliati e come questo “sentire” porti, a volte, a rinunciare al proprio volere per accontentare quello altrui.
Tante sono le trappole in cui possiamo cadere per compiacere gli altri; quella sicuramente più diffusa è l’incapacità di dire di “NO” alle richieste che ci vengono rivolte, ovvero l’esigenza di dire sempre “SI”, mostrandosi costantemente disponibili senza pensare al nostro benessere, ma solo a quello altrui. Il dire di “SI” sempre e costantemente è tipico delle persone passive; invece, il saper dire di “NO” è una delle capacità delle persone assertive, ovvero di coloro che hanno imparato a costruire e gestire relazioni paritarie in modo sano ed efficace (personali o lavorative che siano).
Ma perché può risultare così difficile dire di “NO”? Quale subdolo meccanismo scatta in noi che ci impedisce di porre un diniego ad una richiesta che non ci piace, non ci soddisfa o addirittura rema contro il nostro benessere?
La convinzione che si cela dietro all’incapacità di dire “NO” è che quel “NO” sarà percepito dall’altro come un rifiuto che porterà l’altro a non volerci più bene, a non vederci più come bravo, simpatico e disponibile e ad allontanarci, quindi, da sé e dalla sua vita (ecco perché a volte può costare così tanta fatica pronunciare questa parola così piccola eppure così densa di significato).
Questa convinzione è del tutto errata e prodotta proprio da quella insicurezza e da quella mancanza di autostima di cui parlavamo prima; il dire sempre “Sì” diventa un modo per sentirsi accettati quando si crede di avere poco valore di sé e scarsa importanza per l’altro. Erroneamente, pensiamo che all’altro non interessi ascoltare i nostri bisogni (di così scarsa importanza) e che se mettessimo i nostri bisogni davanti ai suoi, dicendo un “NO”, l’altro non capirebbe, penserebbe che non gli serviamo più a nulla e, quindi, non avrebbe più ragione di volerci bene o di stimarci o di darci attenzione. Il senso di colpa che “fa capolino” al solo pensiero di poter dire di “NO”, diventa così modo per non dire quel “NO”, per non rifiutare l’altro (come abbiamo già detto, è così che quel “NO” viene vissuto da chi fa fatica a pronunciarlo) ed evitare, quindi che l’altro ci rifiuti a sua volta, andandosene dalla relazione o facendoci sentire sbagliati.
Spesso, l’incapacità di dire “NO” è il prodotto di un vissuto pregresso costellato di relazioni con figure autoritarie o manipolative, in cui la persona, non sentendosi riconosciuta nel proprio valore di Sé, ha imparato a non dare né riconoscimento, né ascolto ai propri bisogni, legando il proprio valore solo ed unicamente al soddisfacimento dei bisogni dell’altro da Sé. Questo comportamento (a volte appreso sin dalla tenera età) viene “scelto” come unica via possibile per essere visti e riconosciuti e diventa poi automatico riproporlo in tutte quelle situazioni di vita in cui percepiamo nell’altro un valore superiore al nostro, riponendo in lui più stima di quanta ne abbiamo in noi stessi.
Dobbiamo però comprendere che il potere che l’altro ha su di noi è il prodotto dalla nostra disistima: il poco valore che diamo a noi stessi, fa sì che l’altro ci appaia più meritevole di attenzioni, più importante dei nostri bisogni e della nostra volontà. E’ l’immagine povera che abbiamo di noi stessi e quella onnipotente che abbiamo dell’altro a non permetterci di pronunciare quel “NO”.
Dicendo sempre “SI” ci illudiamo che gli altri ci vedano bravi, degni di stima e di rispetto perché sempre buoni, sorridenti, prontamente disponibili e ci convinciamo che, se diciamo sempre “SI”, l’altro non potrà mai dire o fare nulla contro di noi. E allora accade che di fronte a richieste improbabili o diseducative dei nostri figli pensiamo di non poter dire di “NO”, pena il sentirci pessimi genitori che li deludono; oppure che di fronte alle continue e pressanti richieste del nostro datore di lavoro, anche se oberati e stressati, sentiamo di non poter dire di “NO”, pena l’essere giudicati come incapaci e di conseguenza licenziati; e ancora, che di fronte alla richiesta che non ci piace di un amico o che non riusciamo ad esaudire, ci sentiamo di dover per forza dire di “SI” pena il rimanere soli… e questi sono solo alcuni esempi di ciò che a volte ci costringiamo a fare per non saper dire un “NO”.
Contrariamente a quanto pensiamo, non dire mai di “NO” non ci aiuterà affatto ad essere percepiti dagli altri come simpatici, bravi, da stimare e da rispettare, perché dobbiamo pensare che, a fronte di persone che non ci pensano lontanamente ad approfittare della nostra disponibilità (quelle alle quali i nostri “NO” non suonerebbero mai come rifiuto), ce ne sono altre che “vanno a nozze” con i nostri ripetuti e incessanti “SI”: le persone manipolative, i vampiri emotivi e quanti si crogiolano nella nostra disponibilità per caricarci e scaricarci addosso tutte le loro responsabilità. Questo incastro, nel tempo, ci farà sentire sempre più pieni di rabbia verso noi stessi per la nostra incapacità a dare ascolto ai nostri bisogni e sempre più impotenti di fronte ai soprusi e alle invadenze a cui non riusciamo a sottrarci: è così che la nostra gabbia viene creata e costantemente rinforzata dai nostri mancati “NO”.
Per riuscire ad amare se stessi, nel pieno rispetto di sé, è fondamentale imparare a dire “NO” quando la nostra volontà, il nostro desiderio e il nostro bisogno va in direzione opposta a quanto ci viene richiesto. Quel “NO” diventa, in questo modo, uno strumento necessario per permetterci di non andare contro noi stessi conformandoci forzatamente al pensiero altrui, di rispettarci e di far rispettare la nostra volontà, di farci accogliere autenticamente dall’altro con tutte le nostre caratteristiche e diversità.
Le persone alle quali interessa davvero chi siamo, potranno anche in prima battuta rimanere scontenti del nostro diniego, ma successivamente non avranno problemi ad accoglierlo, perché anche attraverso quello impareranno a conoscere noi, i nostri confini, i nostri limiti e ad apprezzarci per la nostra autenticità e a stimarci per il nostro valore intrinseco. Per tutte quelle persone alle quali, invece, interessa poco di noi o per tutti quelli che intendono approfittarsi della nostra disponibilità, sentirsi dire da noi quel “NO” sarà sicuramente un problema, questo è fuor di dubbio; ma sarà proprio questo tipo di reazione a farci capire chi davvero tiene a noi, a tracciare una linea netta tra chi merita la nostra disponibilità e a chi invece mettere un confine per non farci più manipolare, utilizzare, svilire.
Quando ci si sente costretti dai propri sensi di colpa ad assecondare sempre e prontamente ogni richiesta esterna e non si riesce a fare altrimenti, ricorrere all’aiuto psicologico diventa una valida risorsa da attivare come opportunità di cambiamento per imparare a saper dire di “NO”, raggiungendo, così, piena consapevolezza di Sé, dei propri bisogni, nel rispetto totale di se stessi e del proprio valore.
“NO”: se avremo il coraggio di pronunciare questa piccola parolina magica ogni volta che ci sentiremo costretti dal senso di colpa ad assecondare il volere altrui, ci renderemo forti e fieri di noi stessi, degni di stima e di rispetto, senza necessità di essere prevaricati, né di prevaricare per costruire qualsiasi tipo di relazione (affettiva e lavorativa) in modo sano, efficace e alla pari.
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