Quando la coppia entra in crisi, i partners si comunicano un malessere, un disagio che segnala che qualcosa nella relazione impedisce loro di star bene insieme. La crisi, in questo senso, diventa un modo per i due partners di rinegoziare la loro posizione all’interno della coppia stessa, trovando, per esempio, un nuovo equilibrio che consenta loro di continuare a stare insieme; contrariamente, laddove i partners comprendano che non esistono più i presupposti per proseguire il loro cammino insieme, la coppia può scegliere di lasciarsi consapevolmente, anche se con grande sofferenza. La crisi diventa, così, per la coppia un’opportunità di cambiamento a seguito di un vissuto di malessere che può portare a scegliersi di nuovo oppure a non scegliersi più.
Quando la crisi avviene in una coppia con figli la necessità di operare un cambiamento in direzione di un benessere e di rimozione del disagio, diventa ancora più importante e necessaria, proprio perché non si limita più a coinvolgere solo i due partners, ma si estende anche alla prole.
A volte, però, può capitare che nelle coppie in crisi con figli, il conflitto di coppia sia così acceso da non permettere più ai partners di preservare l’alleanza con l’altro come genitore: i figli, in questo caso, invece di venire preservati dal conflitto, vengono coinvolti, loro malgrado, nella crisi coniugale e strumentalizzati dai propri genitori per cercare di avere ragione a discapito dell’altro partner.
In questi casi, i partners non si muovono più in direzione del benessere del proprio figlio, preservando l’alleanza con l’altro come genitore, bensì utilizzano il figlio per svilire e svalutare l’altro come genitore con il chiaro intento di fomentare il conflitto di coppia.
Questo generalmente succede a quelle coppie che alimentano il conflitto piuttosto che risolverlo, utilizzandolo come modo per non operare nessun cambiamento nella situazione, anche a discapito della prole che viene coinvolta direttamente o indirettamente nel conflitto per accenderlo sempre di più, allo stesso modo in cui gettando benzina sul fuoco si alimenta un incendio.
I figli possono venire coinvolti nel conflitto della coppia coniugale attraverso la svalutazione dell’altro come genitore (es. “Lo vedi che su tuo padre non puoi mai contare?” oppure “Ma tu ancora che dai retta a tua madre?”); i figli possono anche venire coinvolti nel conflitto attraverso la svalutazione dell’altro come persona indegna (es. “Tu non lo sai quanto male mi fa! E’ una persona cattiva!”). In entrambi i casi, il partner svilisce l’altro cercando di portare il figlio dalla propria parte per garantirsi amore per sé (“Io ho ragione e per questo sono il genitore giusto per te”) e odio per l’altro (“L’altro è sbagliato e per questo non può essere un buon genitore per te”) al solo fine di ottenere una piena assoluzione per sé e la condanna dell’altro, fomentando così il conflitto come unica possibilità per combattere quel senso di impotenza che arriva dall’incapacità di affrontare il cambiamento necessario per risolvere la crisi in un modo o nell’altro.
E’ a questo punto ben chiaro che a fare le spese di questa crisi mal gestita dalla coppia sono così i figli che rimangono feriti dai colpi che i genitori si lanciano da una parte all’altra nel conflitto a fuoco in cui i figli stessi si trovano in mezzo. In questi casi, chiedere il sostegno di uno psicologo diventa per la coppia con figli un’opportunità di farsi aiutare non essenzialmente nella risoluzione della crisi (che sarà eventualmente la coppia a decidere se e quando voler risolvere), ma nella gestione del loro conflitto di coppia preservando l’alleanza con l’altro come genitore.
La gestione dei conflitti nelle crisi di coppia con figli diventa così un valido aiuto non per la coppia coniugale ma per la coppia genitoriale al fine di recuperare l’alleanza genitoriale laddove questa sia venuta meno perché fagocitata dal conflitto della coppia coniugale. In questo caso, l’obiettivo non sarà quello di aiutare la coppia a risolvere la crisi coniugale, ma di aiutare la coppia conflittuale a non coinvolgere i figli nel loro conflitto e a preservare la coppia genitoriale, recuperando, così, l’alleanza con l’altro e la fiducia nell’altro come genitore.
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