Contatti: info@simonabaiocco.it - (+39) 3336198580
L’autostima: tra consapevolezza e presunzione di sé

L’autostima: tra consapevolezza e presunzione di sé

L’autostima si può definire come la percezione del valore intrinseco che ognuno di noi attribuisce a se stesso tenendo conto delle proprie capacità e dei propri limiti; tale definizione ci pone, inevitabilmente, di fronte ad un “dilemma amletico”: qual’è il confine che separa l’utostima dalla superbia e cosa ci permette di distinguere tra consapevolezza di sé e presunzione di sé?

Tra l’avere autostima e l’essere presuntuosi, infatti, c’è un sottilissimo confine non sempre chiaro e palese.

Pensiamo, per esempio, a quando diciamo che una persona è “orgogliosa di sé”: queste parole possono assumere una connotazione positiva o negativa a seconda del significato che gli attribuiamo.

L’orgoglio di sé può essere inteso, infatti, come sinonimo di autostima, come una valutazione di sé che tiene conto delle proprie capacità e dei propri limiti e della propria responsabilità/potere nella possibilità di successo/insuccesso nel raggiungimento dei propri obiettivi .

Ma l’orgoglio di sé può essere inteso anche come sinonimo di presunzione, come una valutazione di sé che tiene conto più del proprio potere che della propria responsabilità e che tende, quindi, a porre l’accento più sui propri successi (e sulle proprie capacità) che sui propri insuccessi (e quindi sui propri limiti).

La persona consapevole di se stessa è capaca di “leggersi” intimamente, venendo in contatto con tutte le parti di sé, anche quelle più “scomode” (quelle che possiamo considerare le nostre “zone d’ombra”), non negandole, non respingendole, ma riconoscendole, accogliendole e gestendole per poterle utilizzare quando necessario e tenerle a bada quando possono, invece, creare problemi.

Chi ha autostima di sé, infatti, non ha una percezione di sé solo al positivo, ma è ben cosciente anche del suo “polo negativo”, ovvero di tutti quegli aspetti più disfunzionali di sé. Non dobbiamo però pensare che il termine positivo corrisponda necessariamente a quegli aspetti di sé convenzionalmente più accettabili e il termine negativo a quelli meno accettabili.

Per capire meglio questo concetto, occorre andare più a fondo e provare a vedere con occhi diversi le caratteristiche personali con cui ognuno di noi descrive se stesso.

Ad esempio, quando una persona si descrive come una persona dolce e bonaria, ci viene naturale pensare alla sua dolcezza e alla sua bontà come ad una caratteristica positiva, una risorsa senza ombra di dubbio; quando, invece una persona si descrive come aggressiva, ci viene naturale pensare alla sua aggressività come ad una caratteristica negativa, certamente un limite.

Ma se per un attimo ci togliessimo i nostri soliti occhiali con cui guardiamo e valutiamo le persone e ne indossassimo altri capaci di farci cogliere ulteriori dettagli, ci accorgeremmo di una realtà ben diversa. Ci renderemmo conto che, in alcune situazioni, quella che noi definiamo per default una caratteristica postiva può diventare un importante limite e, al contrario, quella che noi definiamo una caratteristica negativa può diventare una grande risorsa.

Ipotizziamo una situazione concreta: di fronte ad una situazione (o ad una persona) che ci sta facendo male, la dolcezza e la bontà possono diventare un enorme limite rendendoci passivi e remissivi, non permettendoci di “tirare fuori le unghie” per fronteggiare la situazione; al contrario, nella stessa situazione, l’aggressività può diventare il nostro più grande alleato e risorsa rendendoci grintosi e capaci di tutelarci e difenderci.

Si può, quindi, ben capire come ogni aspetto di sé possa essere risorsa e limite allo stesso tempo; ogni caratteristica del nostro Sé può venirci in soccorso salvandoci o tirarci giù portandoci alla distruzione. Ogni aspetto di noi stessi (che sia o meno definito convenzionalmente positivo o negativo) può risultare funzionale o, al contraio, disfunzionale al nostro benessere… Tutto dipende da come scegliamo di utilizzarlo.

Le persone che hanno autostima sono ben coscienti di questo e proprio per questo motivo non hanno timore di venire in contatto anche con le proprie zone d’ombra. Le persone che hanno autostima sanno che quelle zone d’ombra esistono e che servono esattamente come le proprie zone di luce e che contribuiscono a definire ciò che è il proprio Essere “nel bene e nel male”.

Le persone presuntuose, invece, sanno riconoscere solo le proprie zone di luce e hanno una grossa difficoltà a riconoscere le proprie zone d’ombra perchè le rifiutano, se ne vergognano, non le accolgono. E non accogliendole, non possono neanche poterle utilizzare trasformando i propri limiti in risorse e non possono neanche accorgersi di quando una propria risorsa può trasformarsi in un limite. Non riuscendo, quindi a riconoscere i propri limiti, le persone presuntuose hanno un assoluto bisogno di far vedere solo la propria luce agli altri.

Non si deve, però, pensare alla persona presuntuosa come ad un narcisista. Il “volto” del narcisista è vuoto, privo di contenuti e nascosto dietro una maschera di finta magnificienza che non ha nulla a che fare con il Sé reale; il “volto” del presuntuoso, invece, non è vuoto e privo di contenuti, tutt’altro, ma gli aspetti più bui sono nascosti dalla luce acceccante degli aspetti più luminosi del suo Sé.

Il presuntuoso, in sostanza, attraverso quel “So tutto io”  cerca di coprire i suoi limiti e le sue umane fragilità e, per riuscire a farlo, ha necessità di tenere tutto sotto controllo. La mania del controllo gli impedisce, ovviamente, di provare autentica fiducia nelle sue relazioni e di affidarsi a qualcun’altro se non a se stesso; per questo motivo, quando ci troviamo di fronte a qualcuno che pecca di presunzione, possiamo avere la netta sensazione di non essere “visti”, “riconosciuti” nelle nostre reali capacità o addirittura “sviliti”.

Ma dobbiamo tenere a mente che l’obiettivo primario della persona presuntuosa non è mai la svalutazione dell’altro (dinamica che appartiene, invece, alla personalità narcisista), ma l’ipervalutazione di se stessa per non entrare in contatto con quegli aspetti di sé più scomodi. Laddove il narcisista fa la guerra al mondo intero per uscirne vittorioso e glorioso distruggendo l’altro, il presuntuoso fa la guerra agli aspetti più ombrosi di sé e in questo conflitto interno, a volte, può capitare che l’altro ci si trovi in mezzo subendone le conseguenze.

Si può ben capire, a questo punto che il presuntuoso non è assolutamente una persona con una buona autostima, bensì una persona che ha grosse difficoltà ad accettarsi “in toto” e la cui stima dipende essenzialmente dai suoi risultati e non da se stesso e dalle sue reali capacità, dalle sue risorse e dai suoi limiti. Per questo motivo, quando si troverà di fronte ad un successo, non avrà problemi ad attribuirsi i meriti e gli onori,  mentre, quando si troverà di fronte ad un errore/insuccesso/fallimento tenderà a proiettare sull’altro i demeriti e gli oneri. La persona che ha autostima, invece, da ogni situazione, di successo o di insuccesso che sia, ne ricava elementi positivi di cui andar fiero e negativi come stimolo per migliorare, non avendo alcun problema a valutare ogni sua caratteristica e modalità.

Possiamo vedere, quindi, la presunzione come una “tentata soluzione” alla mancanza di autostima: più l’autostima sarà bassa e più alto sarà il rischio di cadere nella presunzione di sapere, di fare e di essere per sentire di avere un valore.

Laddove il presuntuoso, avrà l’urgenza di dimostrare ad ogni costo il suo valore per sentire di poter aver fiducia di sé confermando (e a volte anche ostendando) le sue capacità, la persona consapevole di sè, al contrario, non avrà nessuna esigenza di dover dimostrare il suo valore avendo piena fiducia di ogni aspetto di Sè, anche quelli più “scomodi” .

Il nostro dubbio amletico iniziale a questo punto sembra dissolversi nel comprendere che il confine tra consapevolezza e presunzione di sé sta nella percezione che ognuno ha di se stesso tenendo conto di tutta la complessità del proprio Essere, pregi e difetti, risorse e limiti, luci ed ombre.

La Presunzione è quell’abito di ostentata sicurezza che si indossa per coprire la nudità dell’anima di cui ci si vergogna (Simona Baiocco)

 

Questo articolo è stato interessante? Condividilo su:
Author Info

Simona Baiocco

Psicologa Clinica e di Comunità - Psicoterapeuta ad indirizzo Strategico Integrato (Adulti - Coppie - Adolescenti - Gruppo) - Iscr. Albo Psicologi Lazio n. 14455

No Comments

Comments are closed.